Origini della bigiotteria

I gioielli esistono da sempre e sono nati come ornamento per decorare l’abbigliamento assumendo poi anche un carattere religioso. Inizialmente erano fatti di ossa o denti di animali, poi in pietra e ambra.

I Celti sono stati i primi a essere conosciuti per la qualità dei loro gioielli e la loro gioielleria.

La nascita della bigiotteria, intesa come gioielli non preziosi o gioielli fantasia, è legata alla diffusione, nell’Europa del Settecento, degli ideali illuministici di libertà e uguaglianza, che hanno impresso nelle classi meno abbienti un interesse verso oggetti di lusso fino ad allora destinati solo ai ceti più ricchi. In questo modo hanno cominciato a diffondersi gioielli realizzati con materiali alternativi ai preziosi, anche sotto forma di copie di gioielli autentici da indossare durante i viaggi o nelle occasioni informali. Molti furono i protagonisti di questa rivoluzione nel campo del gioiello e alcuni ebbero un successo tale da acquisire titoli importanti, come quello di gioielliere ufficiale del re di Francia, attribuito a George Frederic Strass (1701-1773), inventore dello strass. Verso la metà del Settecento, le scoperte di Ercolano e Pompei diffusero una passione per lo stile classico greco e romano, caratterizzato da linee sobrie, che si contrapponevano alla frivolezza e all’artificiosità delle corti europee. Città come Venezia, Firenze e Roma avviarono una vera e propria produzione di gioielli a micromosaico realizzati con tesserine in vetro o pietre semipreziose.

Con l’inizio dell’Ottocento, l’amore per il classico, conosciuto come “stile impero”, continuò a ispirare la moda del gioiello. Per tutto l’Ottocento si cercarono nuovi materiali per imitare pietre e metalli preziosi: in Europa e negli Stati Uniti, la tendenza fu quella di incrementare la produzione industriale con la conseguente diffusione di oggetti creati in serie e a basso costo. Nella frenesia legata al progresso tecnico e scientifico si rispolverarono gli stili del passato e vennero realizzati gioielli preziosi e non, in stile archeologico, neoclassico, neogotico, neorinascimentale, fino al liberty, con il revival dello stile celtico. Con l’aiuto delle nuove macchine e l’impiego di materiali meno costosi come le prime plastiche, i nuovi tipi di vetro colorato e metalli placcati o laminati in oro, si cercò di ricreare i gioielli che avevano avuto grande successo durante la storia passata.

All’inizio del Novecento in contrapposizione alla mancanza di nuove idee nel design, nacque l’Art Nouveau che cercò di contrastare la fredda produzione industriale con uno stile più sinuoso attraverso la realizzazione di prodotti artigianali. In questo periodo predomina l’idea che il valore di un gioiello non fosse determinato dal materiale impiegato, ma dalla qualità artistica del suo creatore: il gioiello acquista importanza in quanto oggetto d’arte e la bigiotteria inizia a staccarsi dalla produzione di gioielli autentici, assumendo una propria identità.

La Prima Guerra Mondiale fu un punto di svolta nella storia del gioiello. L’oro veniva recuperato dai governi per partecipare allo sforzo bellico e gli artigiani erano arruolati o convertiti nel settore degli armamenti. Anche la gioielleria venne convertita e venne progettata con metalli semplici come ferro, rame, alluminio…abbandonando i metalli preziosi. Lo shock della guerra e il nuovo ruolo sociale delle donne influenzarono la moda in generale e la concezione dei gioielli, che seguendo la tendenza artistica dell’Art Decò, diventarono più stilizzati con linee rigide, squadrate e geometriche, ispirate ai dipinti cubisti di Picasso e Braque. Lo sviluppo di nuovi materiali come la bachelite e il nickel e il riutilizzo di quelli vecchi come lo stagno, dettero un nuovo impulso là dove i gioielli falsi non erano più tentativi di imitazione ma gioielli con proprie forme e propri colori. In questo periodo, nacquero negli Stati Uniti le più importanti industrie di produzione di gioielli a basso costo: ditte come Coro e Trifari. Fu solo dopo la prima guerra mondiale, con l’era del petrolio e l’emergere della produzione di massa, che i gioielli e gli ornamenti diventarono meno “simbolici” e il loro utilizzo meno “codificato”. Se in passato i gioielli erano un modo per distinguere le classi sociali ora diventano accessibili a tutti.

La fine degli anni Venti fu segnata dalla grande depressione del 1929 e per tutti gli anni Trenta dominò lo stile del Tutto Bianco con la produzione di gioielli di grandi dimensioni in metallo bianco rodiato e un grande impiego di Swarovski bianchi incastonati a mano. In questo periodo stiliste come Elsa Schiapparelli e Coco Chanel incoraggiarono le loro clienti a indossare gioielli fantasia dalle forme bizzarre, mescolando i gioielli veri con quelli falsi e sfidando le convenzioni. Si inaugurò così la produzione di gioielli non preziosi strettamente legati al mondo della moda e la bigiotteria divenne “Costume Jewelry” cioè un accessorio legato alla storia del costume, pensato per essere abbinato a uno stile o a un abito e indossato per un’occasione particolare. Presto però la mancanza di cristalli Swarovski, dovuta alle ristrettezze nelle importazioni dall’Europa, costrinse i designer a puntare sempre più sul metallo e sulla fantasia dei creatori realizzando, in tempi di grande disagio economico e sociale, i gioielli fantasia più belli e interessanti di tutta la storia della bigiotteria moderna. Tutti i produttori cercarono di rispondere, a modo loro, all’esigenza psicologica di evasione dalla cupa realtà del secondo conflitto mondiale.

La Seconda Guerra mondiale paralizzò, infatti, il nuovo settore della gioielleria. Riapparvero gioielli semplici, e vennero prodotti anche gioielli patriottici con emblemi dei reggimenti o delle unità dei soldati.

Dopo la guerra, il tenore di vita migliorò lentamente con la piena occupazione e salari crescenti e i gioielli ripresero il loro posto nella vita di tutti i giorni. Per soddisfare il sempre maggior interesse verso Swarovski e pietre colorate, i gioielli fantasia si trasformarono in oggetti di lusso estremamente femminili che seguivano soprattutto lo stile degli abiti creati da Christian Dior. La ditta Swarovski inventò dei cristalli dal colore cangiante, palesemente falsi ma di grande effetto.

Ma la vera epoca d’oro per la bigiotteria iniziò verso la metà del XX secolo. La nuova classe media voleva bei gioielli a prezzi accessibili. La domanda di gioielli di questo tipo coincise con l’età delle macchine e con la rivoluzione industriale che rese possibili accurate riproduzioni.

La struttura di classe in America era cambiata e così pure la ricchezza reale. Le donne di tutte le classi sociali, e quindi anche quelle della classe operaia, potevano possedere un piccolo pezzo di bigiotteria. La donna media di città e di campagna poteva acquistare e indossare una notevole quantità di questi gioielli prodotti in massa che erano contemporaneamente economici e alla moda.

La bigiotteria divenne popolare grazie anche a diversi designer come Crown Trifari , Dior, Chanel, Miriam Haskell , Monet, Napier , Corocraft , Coventry, e Kim Craftsmen.

Un fattore importante nella divulgazione della bigiotteria fu Hollywood. Le star degli anni ‘40 e ‘50 spesso indossavano pezzi firmati dai principali designer. Se piaceva una collana indossata da Bette Davis in un film, era facile acquistarne una copia da chi l’aveva realizzata. Stelle come Vivien Leigh, Elizabeth Taylor e Jane Russell apparvero nelle pubblicità di gioielli e la disponibilità delle collezioni presso i negozi rese possibile alle donne comuni di possedere e indossare tali gioielli.

Dal 1961, accanto alla ribellione giovanile nata in risposta al modello troppo maturo di Christian Dior, si diffuse una nuova immagine legata al fascino dei viaggi nello spazio: lo stile spaziale e la Optical Art. Lo stile dell’era spaziale propose una gran quantità di gioielli realizzati con innovative materie plastiche acriliche, lisce e traslucide, che potevano essere tagliate e colorate per realizzare bracciali, anelli, collane e ogni tipo di oggetto alla moda.

Accanto alla frenesia del consumismo si contrappose il movimento hippy Flower Power, teso alla diffusione di ideali basati su valori non mercantili. In realtà anche questo movimento venne largamente sfruttato dai media. Tipici di questo periodo sono infatti le spille in latta smaltata a forma di margherite, i ciondoli a forma di segno della pace e i gioielli coi simboli zodiacali.

In diverse circostanze, monili di fascia alta sono diventati “da collezione”, acquistando valore nel tempo. Oggi, tutto esiste  un mercato secondario per i gioielli vintage sempre alla ricerca di “pezzi firmati” cioè pezzi che hanno il marchio del fabbricante, di solito stampato sul retro. Tuttavia, anche pezzi non firmati ma di buona qualità soprattutto se sono di un design insolito sono molto richiesti.

Fin dal 1950, il bijou viene classificato in tre categorie:

  • La gioielleria che fabbrica pezzi unici in materiali di pregio come gemme, pietre preziose, perle e altri minerali sfruttando la loro lucentezza, colore e forma.
  • La bigiotteria artigianale che produce oggetti di artigianato unici e realizzati interamente a mano in serie limitata utilizzando componenti non preziosi come vetro, plastica, ceramica, legno, pietre, conchiglie o metallo, in modo tale che la valenza estetica compensi la modestia del valore intrinseco dei componenti.
  • Il gioiello fantasia che viene fabbricato a livello industriale su larga scala in diversi materiali come plastica, madreperla, tessuto, metallo. È un gioiello di massa che punta al massimo della redditività poiché utilizza materiale di scarso livello, un tempo molto breve di produzione e manodopera a buon mercato.

 

Bibliografia

http://it.wikipedia.org/wiki/Bigiotteria

http://en.wikipedia.org/wiki/Costume_jewelry#Historical_expression

http://fr.wikipedia.org/wiki/Bijou_de_fantaisie

http://sisters4swing.blogspot.it/2011/10/gioielli-o-bijoux-coco-chanel.html

http://www.guidaprodotti.com/bellezza/bigiotteria-artigianale.html

http://www.mercatopoli.it/Imm/pagine/456/ebook_bigiotteria_vintage.pdf

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