Storia dell’uncinetto

Sulle origini del lavoro all’uncinetto è noto ben poco poiché gli esemplari antichi giunti sino a noi sono pochissimi. Si suppone che i primi lavori di questo tipo siano stati fatti con il dito, che veniva piegato per creare i cappi e riprendere i punti. Solo con il passare del tempo cominciò a svilupparsi uno strumento simile all’uncinetto, realizzato inizialmente in legno, osso o bambù e poi in avorio e ambra.

Il reperto più antico, che può essere considerato un precursore dei lavori all’uncinetto, proviene dallo Jutland. Si tratta di un berretto di lana, che secondo gli studiosi risale a circa 3100 anni fa. L’uncinetto era conosciuto anche in altri luoghi: i Cinesi lo utilizzavano per realizzare bambole tridimensionali, gli Africani per fabbricare i copricapo dei loro capi tribù, i Turchi per creare cappelli, in Scozia per fare berretti e pesanti mantelli mentre le tribù del Sudamerica utilizzavano capi di abbigliamento o protezioni per il corpo all’uncinetto in occasione dei riti di iniziazione alla pubertà.

Mary Thomas, una studiosa americana, ritiene che la lavorazione all’uncinetto provenga originariamente dalla penisola araba. Da qui si sarebbe diffusa verso oriente, in Tibet, e verso occidente, in Spagna e poi, grazie ai mercanti e ai navigatori, anche in altri parti del mondo.

1700

La forma di uncinetto più delicata ebbe origine in Italia nel XVI secolo e veniva usato dalle suore per realizzare addobbi e paramenti sacri. Era infatti considerata un’occupazione tipica all’interno dei monasteri dove si creavano preziosi pizzi usando filati molto sottili:  la biancheria per l’altare veniva munita di bordure all’uncinetto, non solo a fini decorativi, ma anche per renderla più resistente. Presto si diffuse in Spagna e in Irlanda che erano paesi molto cattolici.

1800

Solo nel XIX secolo l’uncinetto cominciò a essere apprezzato negli ambienti borghesi e nobili. I pizzi venivano usati per adornare sia la biancheria della casa che la biancheria intima. I merletti, rifiniti con preziose festonature ricche di pippiolini o di motivi vari, ebbero un enorme sviluppo soprattutto tra le signore della borghesia che ornavano i loro abiti di preziosi colletti, guarnizioni e mantelline.

L’uncinetto, che fino ad allora non era considerato un genere di per sé, si sviluppò per imitare i difficili punti del pizzo veneziano. Il lavoro risultava più veloce rispetto al merletto ad ago e al tombolo e gli stessi strumenti erano più semplici e più facili da reperire.

Probabilmente la sua popolarità prese l’avvio da una signora di origine francese, Eleanore Riego de la Branchadière, che si stabilì in Irlanda e lì rimase colpita dalla delicatezza dei lavori delle suore di un convento di Dublino. Non solo perfezionò la loro abilità, ma parlò dell’arte dell’uncinetto nella sua rivista “The Needle” – L’Ago. Pubblicò inoltre undici libri nei quali erano contenuti schemi di conversione dal pizzo ad ago e merletto a tombolo all’uncinetto. A lei è comunemente attribuita l’invenzione del pizzo d’Irlanda che, dopo la carestia del 1848 divenne l’unico supporto economico del paese. Un altro fattore, infatti, che contribuì alla diffusione dell’uncinetto fu la creazione di una sorta di industria domestica nata a Clones per aiutare le famiglie più indigenti, grazie a Cassandra Hand, moglie del parroco locale. Il pizzo di Clones, ancora oggi molto conosciuto, è una variante del pizzo veneziano. Il pizzo veneziano, benché molto bello richiedeva parecchio tempo e le donne irlandesi trovarono che utilizzando l’uncinetto potevano ottenere lo stesso effetto in meno tempo. Queste donne riproducevano elementi legati al proprio ambiente: quadrifogli, felci, rovi, rose selvatiche, margherite o figure a stella, che venivano collegati tra di loro tramite il punto di fondo.

Quando la Regina Vittoria promosse il pizzo a uncinetto a un’esposizione di arti a Londra, la moda decollò. Ben presto la domanda diventò così alta che rivenditori professionisti presero il posto delle associazioni di beneficenza e l’attività del merletto si trasformò da attività di sopravvivenza in un’industria. Gli schemi dei modelli di pizzo all’uncinetto cominciarono a essere scritti e distribuiti. Le ragazze irlandesi viaggiavano in altre parti del mondo a insegnare il pizzo a uncinetto.

Proprio dal pizzo d’Irlanda trae origine la trina di Orvieto, che con il passare degli anni ha acquisito una sua peculiarità e un’identità del tutto originale. Nel 1907, nacque l’Ars Wetana, cioè una società di “Patronato per le giovani operaie” che si proponeva di svolgere l’attività di produzione e confezionamento di merletti e trine con particolari richiami ornamentali al Duomo di Orvieto mirata al potenziamento e allo sviluppo dell’artigianato locale. Immediatamente il merletto acquistò delle peculiarità tipicamente orvietane sia dal punto di vista artistico che dalla originalità dell’esecuzione. Tradizionalmente si esegue con un uncinetto molto sottile e con filati di cotone di colore bianco o écru. I tipici motivi decorativi ad ornato riprendono disegni di foglie di edera, di acanto e di vite, fiori eterei, figure e animali tratti dai bassorilievi trecenteschi del Duomo, catturandoli in una rete impalpabile. La bellezza dell’ornato a rilievo era esaltata dalla stiratura, che, con particolari accorgimenti, faceva sì che esso richiamasse da vicino i bassorilievi del Duomo.

Nel 1904 la Marchesa Elena Guglielmi introdusse nell’isola Maggiore del lago Trasimeno la lavorazione del pizzo d’Irlanda, creando una scuola per insegnare l’esecuzione del merletto alle figlie dei pescatori dell’isola. Diede incarico a un’artigiana irlandese di insegnare quest’arte alle donne del luogo le quali, tuttora, spesso sedute sull’uscio di casa, con estrema abilità creano centrotavola, tovaglie, inserti per lenzuola. La scuola continuò a esistere fino agli anni trenta e venne poi riaperta nel 1963 con la creazione della “Cooperativa di lavoratrici per la produzione e la vendita del Merletto”. Il locale Museo del Merletto, situato a Isola Maggiore, documenta la storia di questa lavorazione con l’esposizione di lavori e di strumenti che, dal 1904, hanno segnato la storia di questa attività. Il “pizzo di Isola” è la più raffinata delle forme di artigianato del lago. I manufatti conservati nel museo ci mostrano una numerosa produzione di lenzuola, federe, centri tavola, fazzolettini tovaglie, vestiti, colletti e guanti sono caratterizzati da motivi floreali e rilievo e a trifogli.

La popolarità dell’uncinetto ha raggiunto il suo apice tra il 1910 e il 1920, con le mode dell’età Edoardiana con modelli con punti più complessi e la prevalenza di filati bianchi. Cominciarono a essere stampati in serie libri con schemi all’uncinetto che prese il posto d’onore nella decorazione e creazione di abiti e articoli per la casa.

Nel 1930, la moda acquistò caratteristiche più semplici. L’Art Deco era la tendenza del momento, e l’uncinetto venne utilizzato principalmente per gli indumenti di bambini e neonati, abiti da battesimo, guanti e coperte. Durante la seconda guerra mondiale il filato venne razionato e poiché la lavorazione all’uncinetto spreca più filato rispetto al lavoro a maglia, l’uncinetto sembrava essere condannato.

Venne invece adottato dalla moda degli anni 60 che utilizzava i colori vivaci dei granny squares.

La popolarità dell’uncinetto ha continuato a crescere fino agli anni ’70 facendo del poncho l’accessorio must.

Negli anni 80 l’uncinetto ha cominciato a cadere in disgrazia. L’economia era in crescita e più donne stavano lavorando avendo quindi meno tempo per l’artigianato e il lavoro all’uncinetto non era più conveniente.

L’uncinetto e la maglia persero d’importanza anche nel curriculum scolastico, nessuno insegnava più, e la nuova generazione non aveva tempo di imparare. Anche questa volta sembrava che l’uncinetto fosse di fronte all’estinzione.

Fortunatamente, a partire dalla metà del 1990, l’uncinetto ha vissuto un nuovo periodo di interesse. L’uncinetto può essere oggi visto come un hobby, ma coloro che ne hanno la consapevolezza la considerano una forma d’arte.

 

 

Bibliografia:

Contenuti tratti dalla rivista “Motivi all’uncinetto” della serie Burda collection

http://it.wikipedia.org/wiki/Uncinetto

http://www.mammafelice.it/2013/01/22/la-storia-delluncinetto/

http://iricordidellanonna.blogspot.it/2012/07/piccola-storia-delluncinetto.html

http://filidoro.blog.tiscali.it/2009/05/25/storia_dell_uncinetto_1990014-shtml/

http://home.islandcrosstitch.altervista.org/uncin.htm

http://ascoltailcuore.blogspot.it/2007/07/storia-delluncinetto.html

http://www.4blog.info/school/2010/scuola-di-uncinetto-breve-storia-del-crochet/

http://www.nonsoloricamo.net/uncinetto.htm

http://www.bolsenaricama.it/Frame_Chi_Siamo_Contesto.htm

http://www.parks.it/parco.trasimeno/cen_dettaglio.php?id=458

http://love-crochet.com/features/a-history-of-crochet.html

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